CI AVETE CONDANNATI INNOCENTI, a cura di Giuseppe Pietramale
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«La testimonianza di un lascito di memoria, da un nonno [Giuseppe Pietramale] contadino a suo modo “combattente” in Sicilia a un nipote [omonimo del nonno]. Un “documento” di storia orale (potrebbe dirsi, meglio, di etnostoria), una specie di “diario” in cui il frantumato (ed è da presumere disorganico) racconto dei fatti da parte del suo originario estensore si intreccia e si fonde con un’aggiuntiva cura narrativa adoperata dal curatore finale. Questo, salvando l’autenticità, l’immediatezza, la freschezza di una “voce narrante” che rimane, in tutto lo scritto così messo a punto dal nipote, quella stessa del nonno contadino che parla il suo incertissimo italiano infarcito di dialetto siciliano. Ne risulta una rappresentazione dinamica, che direi in “presa diretta”, di un momento esemplare di azione del movimento contadino a Bisacquino.
«La rappresentazione dinamica – se si vuole quasi una pièce teatrale di un dramma da cui emerge come protagonista collettivo un’intera comunità popolare con un’impressionante partecipazione anche di donne – coglie e fonde nell’azione, gli ideali, le vocazioni civili, i sentimenti, le angosce, le paure, ma soprattutto l’impeto coraggioso per la giustizia, che alimentarono, non soltanto a Bisacquino, ma ovunque in Sicilia, quell’intensa stagione storica. A suo modo, una speciale “stagione partigiana”. In essa, avvertita e interpretata “eroicamente” dai militanti di base nel vivo dell’azione, si staglia la figura di Pio La Torre, di un dirigente comunista che, come ben sappiamo, eroe certamente lo sarebbe diventato qualche anno dopo e che, intanto, andò in galera insieme al contadino Pietramale» [dalla prefazione di Giuseppe Carlo Marino].